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Gustave Moreau - Le lire morte

«Ma la grande lira dell’anima, la grande voce dalle corde vibranti dell’ideale veramente divino [...] si alza, [...] tenuta dall’arcangelo cupo e terribile armato della croce di sangue che dovrà rigenerare il mondo, questa croce sublime simbolo del sacrificio, del disprezzo delle cose effimere e testimonianza suprema di adorazione dell’eterno divino».

Gustave Moreau

 

Tratto da: "A Ritroso" di J.K. Huysmans - Rizzoli Editore

(...) E quali punti di contatto potevano sussistere tra lui e quella classe borghese che si era innalzata a poco a poco profittando di tutti i disastri per arricchirsi, suscitando catastrofi per imporre il rispetto dei suoi delitti e delle sue ruberie?
Dopo l’aristocrazia della nascita, era venuta la volta dell’aristocrazia del denaro: era il califfato delle botteghe, il dispotismo di via Du Sentier, la tirannia del commercio dalle idee venali e anguste, dagli istinti scaltri e vanitosi.
Più scellerata, più vile della nobiltà spoglia e del clero decaduto, la borghesia prendeva in prestito la loro frivola ostentazione, la loro caduca iattanza degradandole con la sua mancanza di saper vivere; prendeva tutti i loro difetti convertendoli in ipocriti vizi.
E, autoritaria e sorniona, bassa e codarda, infieriva senza pietà sulla sua eterna e fatale vittima, il popolo minuto, a cui aveva lei stessa tolto la museruola mettendolo all’agguato perché saltasse alla gola delle antiche caste.
Adesso era cosa fatta.
Compiuto il dover suo, la plebe era stata salassata fino all’ultima goccia per misure igieniche: il borghese, rassicurato, troneggiava allegramente per la forza del suo denaro e il contagio della sua idiozia.
Il risultato della sua ascesa era stato la prostrazione di ogni intelligenza, la negazione di ogni onestà, la morte di ogni arte.
E, in realtà, gli artisti, avviliti, si erano inginocchiati e, pieni di ardore, si divoravan di baci i piedi fetidi dei grandi sensali e dei piccoli satrapi le cui elemosine li tenevano in vita.
In pittura era un diluvio di smidollate scempiaggini; in letteratura un dilagare di stile anodino e di idee vili, perché l’affarista mestatore aveva bisogno di onestà; il filibustiere che cercava una dote per suo figlio e si rifiutava di pagare quella della figlia aveva bisogno di virtù, il voltairiano che accusava il clero di stupri e se ne andava ipocritamente e stupidamente, senza una vera arte della depravazione, ad annusare in qualche stanza equivoca l’acqua sporca delle catinelle e la polvere tepida delle gonne sudice, aveva bisogno di castità.
Era la grande galera dell’America trasportata sul nostro continente; era, infine, l’immensa, la profonda, l’incommensurabile cafoneria dei finanzieri e dei nuovi ricchi, raggiante come un abbietto sole, sulla città idolatra, che eiaculava, ventre a terra, oscene cantiche davanti all’empio tabernacolo delle banche.
- E va’ dunque in rovina, società! Crepa, una buona volta, vecchio mondo! - esclamò Des Esseintes sdegnato dall’ignominia dello spettacolo evocato.
Quel grido spezzò l’incubo che l’opprimeva.
- Ah! - mormorò. - E dire che tutto questo non è un sogno! Che sto per rientrare nella ressa turpe e servile di questo mondo! -
Per farsi animo chiamava in aiuto le consolanti massime di Schopenhauer, si ripeteva il doloroso assioma di Pascal: " L’anima non vede nulla che non l’affligga, quando medita "; ma le parole risuonavano nel suo spirito come suoni privi di significato: la sua pena le disgregava, toglieva loro ogni senso e ogni virtù sedativa, ogni vigore dolce e affettivo.
Si accorgeva, insomma, che i ragionamenti del pessimismo erano impotenti a dargli ristoro, che solo lo avrebbe calmato l’impossibile speranza in una vita futura.
Un accesso di rabbia spazzava via, come un uragano, i suoi tentativi di rassegnazione, i suoi tentativi di indifferenza. Non poteva nasconderselo: non v’era nulla, più nulla, tutto era a terra.
I borghesi si rimpinzavano come a Clamart, con un tovagliolo di carta spiegato sulle ginocchia, sotto le grandiose rovine della Chiesa divenute luogo di convegno, cumulo di macerie insudiciato da facezie triviali e buffonate oscene. Forse, per mostrare una buona volta la sua esistenza, il terribile Dio della Genesi e il pallido Dischiodato del Golgota stavano per riaccendere spenti cataclismi e riattizzare le piogge di fiamme che consumarono le genti un tempo condannate e le città morte? O il fango sarebbe continuato a colare fino a ricoprire con la sua sanie questo vecchio mondo dove non attecchivano più che semenze di iniquità e non si coglievano che messi di obbrobrio?
La porta si aprì bruscamente; nel fondo, inquadrati dagli stipiti, si videro degli uomini con un cappello alto in testa, le gote rase, una mosca sotto il labbro, che maneggiavano casse e portavano mobili.
Poi la porta si richiuse alle spalle del domestico che portava dei pacchi di libri.
Des Esseintes si accasciò su una sedia.
- Tra due giorni sarò a Parigi, - mormorò: - coraggio, è finita davvero.
Come un maremoto, le onde della mediocrità umana salgono fino al cielo e stanno per inghiottire il rifugio di cui io stesso apro, mio malgrado, le dighe.
Ahimè, mi manca il coraggio e il cuore mi si spezza! Signore, abbiate pietà del cristiano che dubita, dell’incredulo che vorrebbe credere, del forzato della vita che s’imbarca solo, nella notte, sotto un firmamento che non è più rischiarato dai consolanti fari dell’antica speranza.


" A ritroso " è diventato il manuale del perfetto decadente.
Quante generazioni di scrittori non si sono direttamente o indirettamente ispirate alla lezione di Des Esseintes, quante generazioni di poeti non hanno imparato da lui a rifiutare la vita con i suoi doveri, le sue leggi, le sue ragioni per abbozzare altri tentativi di evasione, di trasposizioni, di globali riduzioni all'eccentrico.
Valga per tutti l'esempio italiano di D'Annunzio che voleva appunto fare della vita
una favola inimitabile.
Senza paura d'esagerare possiamo dire che Huysmans ha insegnato a parlare letteratura a molte generazioni degli anni fra l'ottanta e il millenovecentodieci.
Da questo punto di vista il libro non è soltanto un fenomeno limitabile alla vicenda di Huysmans, un libro che conclude un certo tipo di esperienze personali, ma ha qualcosa di profetico, nel senso che, riassumendo le grandi delusioni, le stanchezze e la fragilità morale di un momento storico, ha avanzato una proposta forse paradossale ma che comunque è apparsa accettabile: modificare la vita fino al punto da annullarla, sostituendo un ideale di poesia alla squallida prosa del quotidiano.

Carlo Bo

 

 


 

Tratto da: "Idee sul destino del mondo" - volume III - (Parole del Führer raccolte e ordinate da Martin Bormann ) - Edizioni di Ar

30 giugno 1942, durante il pranzo.

(...) Del resto, i professori mancano generalmente di discernimento quando si tratta di scoprire e stimolare i veri talenti. Ricordiamoci che le meravigliose marine di von Bock furono rifiutate dall’Accademia di Prussia, mentre erano le sole che rendessero con verità alcuni paesaggi del Mar del Nord. Quella stessa Accademia di Prussia, che rifiutava quelle tele, non si peritava di accogliere le croste più inverosimili dell’epoca. Sempre, anche nella mia esposizione alla Casa dell’Arte Tedesca, essa tenta d’infilare le opere degli imbrattatele che protegge. Ma sono irremediabilmente ostinato quando si tratta di costituire uno sbarramento contro le porcheriole. Il mio parere circa le accademie di pittura è ben noto. D’altronde mi rendo conto che è difficile apportare un qualsiasi mutamento in tali accademie, almeno nella loro forma attuale. Esse sono in realtà un conservatorio di falliti. L’alternativa è la seguente: o si affida l’insegnamento ad artisti capaci, e allora questi non possono più dedicarsi alle opere di creazione; oppure lo si affida a delle nullità, e allora è un guaio per gli allievi.
A evocare questo problema, si giunge a domandarsi se non è nell’interesse stesso dell’arte di un epoca riunire nelle accademie tutte le nullità! Così, se la nostra Scuola Cinematografica facesse appello ai nostri grandi registi, invece di limitarsi ai mediocri, la nostra produzione cinematografica non verrebbe forse a soffrirne ?
Una caratteristica delle nostre accademie d’arte è che esse si sforzano di soffocare sistematicamente il talento.
Non appena un talento eccezionale appare nel loro campo visuale, ecco quegli omuncoli muovere immediatamente all’assalto.
Per conservare una ragion d’essere a queste accademie, bisognerebbe che l’artista potesse avervi il suo posto senza cessare pertanto di produrre opere valide. Le accademie dovrebbero essere divise in una serie di ateliers, e dei grandi artisti dovrebbero essere sollecitati ad assumerne la direzione. Qualora essi accettassero, bisognerebbe lasciar loro, come usava un tempo, la libertà di scegliersi gli allievi.
Organizzando le accademie in ateliers, si metterà fine a questo nonsenso d’insegnare agli allievi delle Accademie di Belle Arti i rudimenti delle lingue estere e le astruserie della matematica. Esse ritorneranno così al principio intangibile che il compito delle scuole d’arte è: 1° d’insegnare l’arte di dipingere, 2° d’insegnare l’arte di dipingere, 3° d’insegnare l’arte di dipingere.
Vado in bestia ogni volta che mi torna a mente la somma di conoscenze inutili che si fanno trangugiare ai futuri insegnanti di scuole elementari. Eppure non è necessario essere un Pico della Mirandola per insegnare ai bambini come soffiarsi il naso.
Imbottire il cranio dei bambini non ha alcun senso. A interrogarli due o tre anni dopo che hanno lasciato la scuola, ci si accorge che praticamente hanno dimenticato tutto. E’ dunque una necessità insegnare ai bambini nient’altro che le nozioni che saranno loro utili nella vita pratica. D’altra parte, bisognerebbe dar loro modo di ruzzare quanto più possibile all’aria aperta. Solo così avremo una gioventù sana, capace di affrontare impunemente grandi sforzi fisici.

Adolf Hitler

 

 


Gli spari sopra

Se siete quelli comodi che state bene voi...
se gli altri vivono per niente perchè i furbi siete voi,
vedrai che questo posto, questo posto
is beautiful!!!
Se siete ipocriti abili, non siete mai colpevoli
se non state mai coi deboli e avete buoni stomaci
sorridete! Gli spari sopra sono per noi!
Sorridete! Gli spari sopra sono per noi!
Ed è sempre stato facile fare delle ingiustizie!
Prendere, manipolare, fare credere!
ma adesso state più attenti!
Perchè ogni cosa è scritta!
E se si girano gli eserciti e spariscono gli eroi
se la guerra adesso cominciamo a farla noi
non sorridete, gli spari sopra sono per voi!
Voi abili a tenere sempre un piede qua ed uno là
avrete un'avvenire certo in questo mondo qua,
però la dignità! Dove l'avete persa?
E se per sopravvivere qualunque porcheria
lasciate che succeda e dite non è colpa mia.
Sorridete! Gli spari sopra sono per noi!


Parole e Musica: Vasco Rossi E.Wyatt D.Frew G.Whelan M. Marphy

illustrazione da "Gli spari sopra" F.Cenerelli 1999 - areografo su tavola cm 950x75
disco-pub Green - Lido - Fano (PS)